(COLIN ROWE - FRED KOETTER)
IL SAGGIATORE
scheda riassuntiva
L' architettura moderna (detta anche razionalista e funzionalista) fino ad oggi non è stata in grado di costruire la sua forma ideale di città, essa, infatti, è rimasta un progetto, un' utopia.
I postulati della architettura moderna sono stati troppo contraddittori, confusi e, per certi versi, troppo rigidi.
L' architettura moderna, mistificata da molti, si configurava come un strumento in grado di creare libertà, uguaglianza e di risanare la nostra società malata instaurandone una razionale e illuminata e al tempo stesso proclamava l' oggettività scientifica della disciplina. Il suo ideale principale, e socialmente lodevole, era quello di evidenziare le virtù della povertà.
La nuova architettura rispondeva allo spirito del tempo ed era socialmente terapeutica. Significava la fine della dissimulazione, delle vanità e del sotterfugio.
La Ville Radieuse (Le Courbusier) è stata concepita come città di cristallo, in essa ogni autorità era destinata a dissolversi, la dimensione pubblica diveniva superflua e quella privata doveva emergere senza camuffamenti. Medesime conclusioni possono essere tratte per il progetto di Hilberseimer dove non si distinguono più gli edifici residenziali da quelli pubblici, dove la città è uguale in ogni suo punto e dove l' uomo perde la sua identità.
L' architetto del XX secolo diveniva una sorta di messia in grado di risollevare le sorti della' umanità modellando lo spazio, in altre parole si proponeva di creare una società giusta ed illuminata. Egli svolge due funzioni: l'una verso la scienza e l' altra verso la società e sempre più questo connubio divenne fragile. Sotto lo strato di ideali vi si poteva trovare l' esuberanza dei singoli architetti che immaginavano la città ideale.
Recentemente si è giunti alla conclusione che di per sé le scelte urbanistiche ed architettoniche non implicano determinate condizioni sociali.
Si possono riconoscere diversi filoni utopistici che comparvero nella storia della' umanità:
utopia classica (le città ideali del rinascimento);
utopia attivistica (è quella otto – novecentesca che si basa su un progetto utopico che non coinvolgesse solo l'elite, come nel caso della' utopia classica, ma l' intera società. Inizialmente fu influenzata dal razionalismo di Newton al quale erano devote diverse personalità quasi creandone attorno un culto);
utopia socialista (è quella immaginata da Marx);
Nonostante i dubbi insiti in molti, sussisteva un interesse nel creare un ordine sociale giusto ed armonioso.
Per gli studiosi era necessario a quel punto studiare la società naturale (così come la rivoluzione scientifica aveva studiato la natura) e di conseguenza l' uomo naturale. L' uomo doveva essere immaginato privo di contaminazioni culturali così come lo era in origine. Nacque così il mito del buon selvaggio (ovvero l' uomo naturale). Il buon selvaggio ingentilito risultava essere a misura dell' Illuminismo ed è questo l' uomo ideale per una società armoniosa e giusta, e l' uomo ideale per l' architettura moderna.
Inizialmente l' utopia attivistica era interessata alle forme classiche indipendentemente dalla funzione che avrebbe avuto l' edificio (ad es. Cenotafio di Newton).
La salina di Chaux, dai caratteri classici, può essere concepita come una piccola città a carattere industiale dove al centro della città risiede il direttore (ovvero il principe) e tutt' intorno vi sono le fabbriche e le residenze dei dipendenti. La forma circolare di questo insediamento è concepita per evocare l' autorevolezza di Newton.
L' utopia attivistica, ad un certo punto, si spoglia di quelli che erano i contenuti della' utopia classica per abbracciare un nuovo concetto: il progetto per il futuro.
Nell' ambito della' utopia socialista si può ricordare le proposizioni architettoniche di Fourier con il suo Falansterio (1829) in cui una copia di Versailles dovrebbe divenire il prototipo per il proletariato futuro.
Il quadro di Delacroix “la Libertà guida il popolo” è in grado di esprimere il senso di ribellione e di dinamicità della popolazione francese. Questo dipinto può essere confrontato con un progetto utopico di Sant' Elia. I proletari eccitati e gli studenti esaltati di Delacroix sono diventati degli edifici ugualmente eccitati (siamo giunti nel futurismo). La città utopica di Sant' Elia era divenuta la città delle macchine e della dinamicità, della non fratellanza ed inoltre precedeva le ideologia facista.
Mies van der Rohe, Gropius e Le Courbusier, indipendentemente, giunsero alla conclusione che
l' architettura è il prodotto dei vari periodi storici.
Di fatto l' architettura moderna non era stata in grado di produrre un mondo migliore e per cui le fantasie utopiche cominciarono a ridimensionarsi, tuttavia rimaneva vivo un certo ottimismo che intravedeva, ad esempio, nelle soluzioni di Le Courbusier un trampolino di lancio verso la città del futuro.
Di contro alle stesse teorie utopiche, architetti come ad esempio Amédéé Ozefant e Le Courbusier, in taluni casi specifici e rispettivamente per Londra e Parigi proclamavano l' accettazione del presente e il lasciar solamente disegnare le città ideali. Infatti, lo stesso Le Courbusier, elaborerà per Parigi il Plan Voisin che riguarderà solo una parte della stessa città.
Esistono due linee di tendenza delle teorie del paesaggio urbano:
attenersi al paesaggio urbano;
discostarsi dal paesaggio urbano (pianificazione autonoma ovvero il do it your self);
Le fantasie utopiche possono anche in certa misura definirsi fantascientifiche (mega edifici, traffico separato, variazioni elettriche e leggerezza superflue).
Il presupposto utopico delle città del futuro è quello di slegarsi dal contesto e farlo progressivamente sparire.
Cumberland è un esempio di progettazione della città fantascientifica ma che continua a comprendere al suo interno la parte di città residenziale e tradizionale.
Lo studio Archigram ha progettato una città costituita da un tipico paesaggio urbano ma che è stata rivestita da una veste spaziale, così facendo ha unito due realtà: il presente ed il futuro.
Un' altra utopia è stata creata dal Superstudio il quale negli anni '70 ha cominciato a concepire la città come una rete astratta di assi cartesiani. In questa città nuova non vi è il bisogno di ripararsi poiché le condizioni climatiche sono state modificate al fine di garantire un comfort totale, tutto ciò che l' uomo dovrà fare sarà inserire una spina e scegliere il microclima più adatto alle sue esigenze, non vi saranno più strade, piazze e monumenti poiché ogni punto sarà uguale a tutti gli altri.
La privazione di questi elementi allora richiederà una fuga compensativa momentanea verso Disney World. E' necessario analizzare questo caso confrontandolo con quello di cui si è poc' anzi parlato.
Dato che le idee del Super Studio e Disney World sono connesse da relazioni causa effetto possono essere considerate complementari.
Il Superstudio vuole creare una scena uniforme mentre Disney World nasce per sfruttare commercialmente una scena di tipo variegato. Le due “città” si differenziano poiché l' una vuole eliminare tutte le strutture (comprese quelle del potere e quindi lo Stato) e l' altra vuole colmare questi vuoti.
Il Superstudio ha una visione di “città hippy” (immaginando gli uomini nudi che ne costituiscono l' arredamento), Disney World ha una visione eminentemente di lucro. Disney World è una città composta da centinaia di ettari di fantasia di fibra di vetro che si appoggiano su un apparato invisibile e utilizzabile solamente dai suoi dipendenti. La vita avviene sostanzialmente su due livelli: uno pubblico e l' altro “privato” della dipendenza. Le due sfere risultano essere isolate, interdipendenti ma separate.
Sia l' architettura moderna che il Superstudio hanno sempre cercato di eliminare questa distinzione.
Disney World si configura come una città di facciata dove passare delle ore liete. Questo è quello che la gente desidera.
Ogni argomento, portato alle estreme conseguenze, diventa solo auto distruttivo.
La soluzione ideale di città sarebbe quella di creare una miscellanea, sapientemente posizionata, di strutture in modo da conciliare l' ideale con il plausibile.
Alla base del progetto della Ville Radieuse c' è la volontà di nebulizzare gli edifici: essi compaiono come delicate e discrete intrusioni nel continuum naturale, essi sono sopraelevati in maniera tale di avere un minimo contatto con il suolo che diviene così parzialmente recuperabile. Questo concetto può essere visto come una sorta di ritorno al mondo naturale.
I criteri dominanti sono l' onestà, l' igiene, l' uguaglianza.
Intorno al 1930 sembrava inevitabile una scissione dello spazio pubblico da quello privato questo a causa della razionalizzazione dei nuovi edifici e dei nuovi dettami del traffico.
L' edificio comincia ad estroflettersi verso l' esterno mentre lo spazio pubblico inizia ad indebolirsi.
Anche in questo caso si delineano de modelli:
l' edificio come oggetto interessante;
l' edificio come oggetto privo di significato e pertanto deve essere “nebuloso”;
Spesso Le Courbusier, a fronte di questi due modelli, assumeva un atteggiamento contradittorio.
Infatti se da una parte fa prevalere il valore dello spazio naturale dall' altra inserisce delle strutture importanti che non possono essere fatte scomparire.
Se lo spazio assume un valore elevato, allora lo spazio naturale ne assume tanto di più. Il tempo assume un valore più elevato del tempo: un' eccessiva insistenza nello spazio limitato rischia di compromettere l' evolversi della società futura.
Al CIAM del 1933 erano state delineate le direttive di base da perseguirsi nella progettazione della città nuova ma già negli anni '40 le certezze sulla fattibilità della città futura vennero a cadere. Nella conferenza del CIAM del 1947 intitolata “Heart of city” vennero a galla delle riserve relativamente all' impossibilità di realizzare una città indifferenziata. La città doveva possedere un “cuore” (centro facilmente riconoscibile).
Confrontando il progetto del centro di Saint Diè con quello di Harlow è possibile rendersi conto che il è poco attrattivo probabilmente a causa della sua stessa conformazione, il secondo ci offre una piazza del mercato reale. Entrambi i casi, però, vogliono creare un centro urbano significativo, Harlow raggiunge meglio l' intento.
Confrontando le piante di Saint Diè e di Parma è possibile notare:
l' una è tutta bianca e l' altra e tutta nera;
la texture (tessuto) nel caso di Parma è in grado di creare degli spazi pubblici;
Nel caso di Parma vi è una chiara dialettica tra gli oggetti e gli spazi presenti nella texture cosa che non avviene nel piano di Le Courbusier.
La città ideale, così come concepita dall' architettura moderna, si configura come una sequenza di vuoti e radi pieni ciò crea nel buon selvaggio una sensazione di disorientamento creata dalla univocità del paesaggio urbano.
La città ideale può sopravvivere solamente all' interno di una città reale senza questo sostegno la prima muore.
Fin qui si è detto dell' esistenza di due modelli fondamentali di città (la città ideale e quella tradizionale) che si vuole valorizzare senza necessariamente subirne uno dei due. Sarebbe sconsiderato trascura uno dei due. La soluzione efficiente è l'integrazione dei due per mezzo di compromessi.
Per fare ciò l' architetto deve liberarsi di alcuni dogmi:
l' architetto non è un messia;
l' architetto non deve necessariamente porsi come portatore d' avanguardie;
l' architettura non deve essere né oppressiva né coercitiva;
lo spazio pubblico non necessariamente e non sempre appartiene alla collettività;
a dispetto della Ville Radieuse un passeggiatore troverà più intrigante la presenza di un ostacolo sul suo cammino.
Dal confronto tra l' Unitè d' Habitation di Le Courbusier e gli Uffizi del Vasari ci si rende conto che l' effetto di Marsiglia è quello di creare una società privatizzata mentre la struttura degli Uffizi predispone ad un contatto pubblico.
Dal confronto tra il progetto di Le Courbusier per il Palazzo dei Soviet e quello del suo maestro, Auguste Perret, sul medesimo soggetto, elaborano l' uno una struttura distaccata dal contesto e l' altro una struttura che si integra con la città esistente. La sola cosa che gli accomuna è la negazione del concetto di funzionalismo, cioè la forma non segue la funzione.
Un confronto può essere fatto tra il Plan Voisin e il progetto per la Cancelleria reale realizzata nello stesso periodo da un architetto (Gunnar Asplund) contemporaneo di Le Courbusier. Dal confronto emerge la tradizione stilistica e l' integrazione nel contesto del primo e la spinta innovativa e l' indipendenza dal contesto del secondo.
Dal punto di vista architettonico il Palazzo del Quirinale funziona meglio della' Unitè in quanto è accessibile, riceve luce ed aria...Mentrè l' Unitè continua il suo isolamento, la parte estesa del quirinale assume un comportamento di dialettica con il suo immediato intorno che è di tipo pubblico sul fronte strada e più intimo sul fronte dei giardini che si trovano sul suo retro.
Si auspica una dialettica tra i vari elementi sia nuovi che tradizionali, tra la sfera pubblica e quella privata...
L' utopia nella storia è stata considerata sia come uno strumento di contemplazione che uno strumento di trasformazione. In tutte le teorie utopiche si ripresenta il concetto di architettura totale.
L' utopia non mira solamente alla creazione della città ideale ma più profondamente alla costituzione di una società ideale. Il merito dell' architetto sarà quello di creare la società ideale per mezzo delle sue realizzazioni architettoniche.
Le teorie utopistiche vengono immediatamente percepite come delle teorie sovversive che prevedono un cambiamento repentino e radicale. In base a queste teorie la società avrebbe dovuto al più presto liberarsi di qualsiasi tradizione e se fosse stato necessario avrebbe dovuto essere stata pronta a fare tabula rasa. L' architetto avrebbe dovuto prendere le redini di questo cavallo impazzito e avrebbe dovuto guidarlo verso la società del futuro. Tale era divenuta la progettazione totale dell' utopia attivistica. Riassumendo: l' architetto non costruiva solo l' edificio, non costruiva solo la città ma costruiva anche la nuova società.
Un atteggiamento reazionario, ad esempio, lo possiamo intravvedere in quelle che sono le strutture di Versailles (utopia reazionaria). Infatti Versailles è un tentativo barocco di superare le ideologie del '400.
Accostando l' esempio di Versailles con quello della villa Adriana di Tivoli possiamo fare delle deduzioni: il primo si riferisce ad un' unica ideologia di base formante, il secondo si configura come una miscellanea di stimoli provenienti da varie culture. Versailles esprime il forte potere politico autartico di Luigi XIV. Adriano, probabilmente, non era meno accentratore di Luigi XIV ma non aveva la sua stessa necessità di esibirlo.
A questo punto è utile chiedersi quale sia la soluzione più auspicabile: moduli (ovvero oggetti ovvero edifici, monumenti...) in collisione o moduli in coordinazione?
Riferendoci nuovamente all' esempio Versailles – villa Adriana sorgono due problemi:
politico: in Versailles il potere politico è unitario mentre in villa Adriana questo passa spesso di mano quindi essa può essere considerata come la somma del susseguirsi dei regimi politici;
gusto: non risulta né essenziale né primario, è relativo. Probabilmente ai più interesserà la miscellanea degli oggetti di Tivoli;
Adriano con la sua cozzaglia di elementi forniva l' immagine dell' Impero che rappresentava.
L' idea della progettazione totale cominciò a suscitare dei dubbi in coloro che se ne occupavano.
La citazione di Isaiah Berlin – la volpe sa molte cose, ma il riccio ne sa una importante - può aiutarci a distinguere due approcci metodologici:
ideologia unitaria (il riccio);
ideologia eterogenea (la volpe);
via, via che ci si avvicina all' architettura moderna prevale un' idea unilaterale.
Il problema che ci si pone è quello sul dove collare Le Courbusier. Si può riassumere la sua politica nella frase – casa-complicata, città semplice- questa rappresenta, sostanzialmente, la sua più grande contraddizione tra urbanistica ed architettura, pertanto, risulta possibile ipotizzare, che egli fu una volpe travestita da riccio.
Per abbattere il monopolio dell' ideologia sono state introdotte due linee metodologiche nella realizzazione della città ideale:
dare alla gente ciò che vuole (gli architetti populisti si sottomettevano alla volontà del popolo);
progettare in maniera scientifica;
Entrambe hanno una visione comune nella valutazione del futuro. In entrambi i casi il futuro si presenta come un elemento di pressione sul presente.
La società, nella teoria classica, veniva considerata come un organismo vivente e come tale, per crescere e quindi proiettarsi nel futuro avrebbe avuto bisogno di cure continue e graduali.
Auspicabile sarebbe l' abbandono, quantomeno temporale, dell' ideologia unilaterale.
Riferendoci a Levi Strauss è possibile trarre alcuni spunti sulla teoria del Bricolage.
Bricolage : Bricoleur = Scienza : Ingegnere
Il bricoleur (colui che compone il bricolage) è chi esegue un lavoro utilizzando mezzi diversi da quelli propri del mestiere.
L' ingegnere (colui che progetta avvalendosi di principi scientifici) utilizza il calcolo matematico che deriva dalla legge naturale.
L' artista (e quindi anche l' architetto) è contemporaneamente scienziato bricoleur.
Pertanto si può affermare che:
il pensiero del bricoleur è un pensiero selvaggio;
il pensiero dell' ingegnere è un pensiero addomesticato;
La posizione del bricoleur e quella dell' ingegnere sono posizioni complementari e necessarie.
Il termine bricoleur si addice di più all' artista – architetto – urbanista, in particolare l' architetto si pone esattamente nel mezzo di scienza e bricolage.
Come tutti i casi sin qui esaminati si auspica una coesistenza contemporanea del pensiero selvaggio e del pensiero addomesticato.
La Roma imperiale rappresenta molto di più della città del barocco il concetto di bricolage: qui vi si possono trovare obelischi, colonne e statue che provengono da una moltitudine di luoghi.
La Roma imperiale, quindi, si propone come alternativa al concetto di architettura totale.
La città degli elementi in collisione è anche un' icona politica che rappresenta una società in cambiamento.
Ci sono in generale due modi di percepire le cose:
le cose sono così come le vediamo (descrizione – razionalismo, scienza);
le cose non sono ciò che sembrano (interpretazione – irrazionalismo);
Pensando ad una città modello è possibile dire che il suo lato funzionale non può prescindere da quello irrazionale.
Popper fu un grosso critico dell' utopia e fervido sostenitore della tradizione in quanto egli sostiene che l' unico modo per raggiungere l' obbiettivo utopico è quello della violenza e della coercizione. Egli sostiene che in realtà ogni forma di utopia rappresenti una sorta di freno a quello che potrebbe essere il futuro.
Rowe trova alcuni punti di disaccordo su quelle che sono le convinzioni di Popper. In particolare egli si domanda perchè l' utopia sia così tanto disprezzata e perchè la tradizione viene tanto lodata, eppure anche la tradizione compie i suoi abusi.
Popper condanna la politica dell' utopia considerandola solo il presagio di un incubo psicologico. Per lui la società utopistica (aperta nel campo ma chiusa nella mente) è un male.
Anche se effettivamente la città utopica sia un' assurdità politica essa è una necessità concettuale poiché gli individui possano sollevare il loro morale sperando in un futuro migliore.
Dal linguaggio comprendiamo che le parole tradizione – tradimento siano in qualche modo simili. Il tradizionalista è colui che corrompe e contratta e preferisce la sopravvivenza all' idee nuove, le oasi della carne anziché le oasi dello spirito.
Il sogno di Napoleone I era quello di fare di Parigi una città – museo ed ecco che nuovamente ci ritroviamo d' innanzi al passaggio da un paesaggio urbano costituito da parti “indipendenti” ad un paesaggio urbano “coerente”. La città – museo non è ostile né all' utopia né alla tradizione, essa non imprime nessuna imposizione.
Al contrario della città – museo, la città moderna è ostile a qualsiasi contributo estraneo alla sua “tradizione”.
Oggi pensando ad una città museo si prova un senso di repulsione. La città così concepita è un impalcatura di esposizione. L' architettura moderna, al contrario, si pone contemporaneamente come impalcatura e dimostrazione di se stessa.
Picasso, come molti altri suoi contemporanei, è un fervido sostenitore del fatto che il pensiero sia una realtà soggettiva è inafferrabile, soltanto un vero pragmatista è in grado di restare nel beato stato delle certezze che caratterizza l' architettura moderna. In realtà gli architetti e gli urbanisti
dell' epoca al contrario di quanto facevano credere si sono autoesclusi da questo pragmatismo incallito. La tradizione dell' architettura moderna sosteneva una certa avversione per l' arte che paradossalmente concepì in ogni suo progetto.
Picasso, riferendosi alla sua testa di toro composta da una sella e da un manubrio di bicicletta parla di metamorfosi completa e di metamorfosi al contrario: qualcuno potrebbe sostenere che gli elementi che compongono la testa di toro potrebbero essere perfetti come elementi di una bicicletta.
Così nell' architettura moderna ogni tanto riscontriamo reminiscenze di antichi valori e funzioni.
La citazione di Picasso ci fa chiedere cosa sia vero e cosa sia falso, cosa sia attuale e cosa non lo sia, alla fine la risposta la si ritrova sempre nel collage (come avviene anche in un suo quadro).
Il risultato dell' architettura e dell' urbanistica di Le Courbusier è il prodotto di un collage.
Gli oggetti che egli inserisce nascondono una loro antica origine ma nel contesto in cui li colloca essi assumono un nuovo vigore e un nuovo impatto.
Taluni potrebbero pensare che il collage sia solamente un ostacolo all' evoluzione.
Il tempo assume un significato ambivalente:
scandisce l' evoluzione del progresso;
si rifà agli schemi dell' esperienza;
Rowe sostiene che il collage sia l' unico collante della tradizione con l' utopia, esso stabilisce un equilibrio tra presente e futuro. Ciò che è auspicabile è accettare l' utopia in frammenti anziché in toto.
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